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appunti di numismatica romana 161

vera rarità, in mezzo al numero ingombrante dei comuni soldi d’oro d’Anastasio, di Giustino I e di Giustiniano, che si sono trovati e che si vanno continuamente trovando nelle diverse regioni d’Italia?

Ma, ad ogni modo, lasciando come punto assai discutibile se i re goti abbiano impresso o no un segno pili o meno percettibile sulle monete d’oro da essi coniate a somiglianza delle romane, e lasciando nel dubbio se si arriverà mai a distinguere nettamente gli aurei goti dai bizantini, rimane sempre il fatto che sulle monete d’oro nessuno dei re goti osò mettere il proprio nome e tanto meno poi la propria effigie1.

Dopo di che riesce strano e sorprendente il caso di un medaglione d’oro coll’effigie del grande Teoderico e col nome scritto completo sia al dritto che al rovescio, e bisogna attribuire a tal pezzo un’origine e una occasione veramente eccezionale, come eccezionale fu il personaggio ed eccezionale il periodo storico del suo regno.



  1. Sull’argento i Goti conservarono l’uso di imprimer la testa imperiale e la relativa leggenda nei dritto, accontentandosi di mettere il monogramma del loro nome al rovescio (e questi sono i monogrammi veramente decifrabili). Fu solo sul bronzo che alcuni osarono porre il loro nome (Odoacrc, Atalarico, Teodato, Vitige, Teja) e talora anche il loro ritratto (Teodato, Baducla). E non vale la pena, se non a titolo di cronaca bibliografica, d’accennare a un bronzo colla testa di Teoderico descritto nel catalogo della collezione della Contessa de Bentink (Amsterdam, 1787, suppl. pag. 53). Quantunque questo bronzo sia riportato da Mionnet (De la rareté et du prix des medailles romaines. 2 Ediz., tomo II, pag. 410) come appartenente alla coll. Pembrock, e da Engel e Serrure [Traité de Numismatique du moyen age, tomo I, p. 26), basta osservare il disegno dato nel citato catalogo Bentink, per rimanere persuasi non trattarsi d’altro che di una volgare falsificazione, come del resto è il caso per molti altri pezzi di quella infelice collezione.