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156 | francesco gnecchi |
circondarsi dei migliori, e la sua amministrazione civile condotta da Boezio, Cassiodoro e Simmaco aveva portato e mantenuto dappertutto la tranquillità e la giustizia. 11 commercio era in fiore per terra e per mare, e molti grandiosi edifizii pubblici sorsero nelle città del regno, segnatamente a Verona, la sua città favorita e a Ravenna, che divenne la prima città del regno, e che di quell’epoca fiorente mostra ancora qualche glorioso avanzo.
Anche le arti e le scienze ebbero, in lui barbaro, un potente mecenate e segnarono un ultimo momento di risveglio, per quanto era possibile in un periodo di già inoltrata decadenza.
Finalmente aggiunse gloria al suo regno la pacificazione da lui favorita e aiutata fra la Chiesa Greca e la Romana, avvenuta quando Giustino I assumeva la porpora imperiale. Ma tale prosperità non doveva essere che effimera, e gli ultimi anni del suo regno offuscarono la gloria dei primi.
La tolleranza religiosa di Teoderico non valse contro l’intolleranza degli avversarli. Una recrudescenza nel fervore della fede ortodossa riaccese in quegli anni le persecuzioni più o meno aperte contro gli eretici; e i popoli dell’Occidente incominciarono a diffidare dell’ariano Teoderico e a volgere i loro sguardi verso l’imperatore d’Oriente.
Al principio del 525 Teoderico mandò a Costantinopoli una ambasciata con a capo il Pontefice stesso Giovanni I, per chiedere la revoca degli editti contro gli Ariani; ma nulla potè ottenere. Irritato dal sospetto che papa e imperatore s’accordassero a suo danno ed esasperato dalle persecuzioni, cui si vedeva fatto segno da ogni parte, senti ridestarsi tutti i suoi barbari istinti; ed in un momento di selvaggio acciecamento, ordinò la morte di Simmaco e di Boezio, proibì a tutti i romani il porto di qua-