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94 | giuseppe castellani |
sette per bolognino1. È a ritenere che anche la nostra moneta fosse prodotta in questo periodo e facesse parte di quelle importazioni che provocarono la suaccennata riduzione di valore. Se pure non piaccia più l’ipotesi che la imitazione sia alquanto posteriore e si riannodi a un altro fatto che contribuì a rendere più stretti e intimi i rapporti tra la casa d’Este e quella della Rovere e per conseguenza degli stati da loro dipendenti, voglio dire al matrimonio di Francesco Maria, figlio del Duca Guidubaldo, con Lucrezia d’Este, che avvenne nel settembre del 1570.
In questa circostanza vennero coniate anche a Pesaro molte monete di lega con l’aquila estense2, le quali, pur non essendo vera imitazione di monete della casa d’Este, avranno certo avuto corso anche negli stati dipendenti da questa. Ciò, senza giustificarla, rendeva meno appariscente e più plausibile l’imitazione fatta da Francesco d’Este di qualche moneta dello stato vicino ed amico.
Ci resta a dire qualcosa del rovescio. Nei quattrini di Guidubaldo è figurata un’impresa, che il Reposati ritiene rappresenti un vaso rovesciato con fiamme e ciò per ignoranza degli scultori in luogo della pietra focaia o focile sfavillante del Toson d’oro3. L’ignoranza degli scultori mi pare fuori di luogo, perchè la stessa impresa è ripetuta come motivo ornamentale nelle finestre del palazzo ducale di Pesaro che portano anche le iniziali: G • V • DVX. Il Vanzolini, parlando di queste finestre nella sua