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30 | francesco gnecchi |
aureo fa eccezione, avendo la corona radiata, qualche altro per essere adornato dalla pelle del leone alla loggia d’Ercole; ma nessuno ha la testa nuda. E del resto tutte coronate sono sempre le teste degli Augusti nei tempi che lungamente precedono quelli di Massimiano, come nei seguenti fino a Magnenzio. I soli Cesari sono rappresentati a capo scoperto. Il nostro denaro contiene quindi in se stesso qualche cosa di irregolare, proprio d’un tiranno, ma non d’un autentico imperatore; e noi possiamo fin d’ora stabilire che esso non deve in nessun modo attribuirsi a Massimiano Erculeo.
Il tipo barbaro della moneta, oltreché dalla fabbrica e dalle traccie di una riconiazione, visibili in uno degli esemplari, è constatato anche da un’altra considerazione, che emerge dalla rappresentazione del rovescio. L’Equità è rappresentata da una figura femminile colle bilancie e un lungo scettro o se si vuole un’asta. Ora questa rappresentazione dell’Equità venne introdotta da Galba in alcuni suoi bronzi precisamente con questi emblemi, le bilancie e lo scettro o l’asta; così venne continuata pure nelle monete di bronzo di Vitellio, Vespasiano, Tito e Domiziano, in alcuni bronzi e in un denaro d’Adriano e finalmente in un denaro d’Antonino; ma. dopo quest’epoca, viene senza eccezione per tutta la durata dell’impero abbandonato lo scettro ed in suo luogo adottata la cornucopia, introdotta primieramente da Nerva. Se noi passiamo tutte le monete portanti la rappresentazione dell’Equità da Antonino fino a Costantino vediamo che questa è invariabilmente rappresentata da una figura femminile che porta per emblemi le bilancie e la cornucopia. Una moneta isolata (e che pure deve essere stata coniata in questo lasso di tempo), che offre una rappresentazione diversa dall’uso generale, non può essere stata coniata che in