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la zecca di reggio emilia | 189 |
necessario pel commercio della città e ducato di Reggio, col conio consueto della Comunità;
2.° che della nuova moneta "vadant centum quiguaginta sex ad libram et prò libra qualibet ponderis et non minus nec plus „ salvo ulteriori deliberazioni del Comune;
3.° che l’appaltatore fosse obbligato a presentare i bagattini coniati agli agenti del Comune, di tempo in tempo, a loro beneplacito;
4.° che non potesse venderli per suo privato uso ne presentarli sotto pena di una multa e di vedersi tolta la condotta 1.
L’artista reggiano si rimise tosto al lavoro e i documenti ne fanno cenno2.
Nel 1502, essendo insorte contestazioni cogli esattori delle imposte, il Comune mandava a Ferrara al duca Ercole tre delegati per ottenere una giusta limitazione delle monete in corso e per chiedere la facoltà di far coniare nuove monete di piccolo valore ad uso del popolo. Il duca rispondeva favorevolmente e con lettera 7 Marzo 1502 concedeva che si battessero pezzi da un soldo, due soldi e testoni del valore di soldi sette, denari tre, a moneta reggiana. I soldi dovevano avere per impronta lo stemma di Reggio e l’unicorno, impresa nota degli Estensi: i due soldi una mezza figura di S. Prospero, protettore della città e un’aquila, parte dello stemma ducale; i testoni da un lato l’immagine di Ercole 1 con la berretta in capo, dall’altro l’arme della Comunità.
Il duca però poneva la condizione che i nuovi conii fossero fabbricati a Ferrara, sotto pena di nullità della concessione.