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184 | francesco malaguzzi valeri |
Da l’un lato della nuova moneta si sarebbe impresso il diamante, insegna dell’Estense, e dall’altro l’arma della Comunità1. Furono inviati a tale scopo al duca degli incaricati anche per intendersi sulle modalità del conio. Nella seduta del 18 dello stesso marzo, gli oratori, già di ritorno, poterono riferire che il principe acconsentiva alla battitura dei bagattini e stabiliva che vi si imprimesse da un lato l’effigie sua o la sua insegna detta il Maxenino alias la Maxeneta e dall’altro lo stemma della Comunità. Si decise allora di scegliere tosto il maestro di zecca e che, quanto al peso delle nuove monete, dodici esemplari di esse dovessero equivalere ad un’oncia 2. Nell’altra seduta del 23 dello stesso mese il numero dei bagattini da coniarsi fu fissato in quattrocento o cinquecento lire3.
Il primo incisore dei bagattini di cui s’abbia notizia è Antonino Magnani orefice reggiano ricordato più volte per lavori da lui eseguiti, nelle carte della Tesoreria del Comune.
Egli fu nei primi anni dell’apertura della zecca dei bagattini il fabbricatore dei conii, coadiuvato poi da Giacomo di Francesco Martelli. Ciò si rileva da una supplica che quest’ultimo, nel 1486, dopo la morte del Magnani, dirigeva ai sovrastanti della zecca, nella quale, dicendo di aver aiutato il Magnani per più anni, domandava la concessione della zecca dei bagattini per quattro anni. A questo scopo prometteva di dar compiti i conii in ragione di sei soldi per lira di oncie dodici e in numero di 146 per libra, stampati in modo che non sia homo in reco che li sapese meglio farli; di lavorare quanto ai soprastanti piacesse, di