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178 francesco malaguzzi valeri

Come accennai da principio, devesi al credito che la moneta reggiana godeva in ogni luogo, se per qualche tempo si seguitò, come sembra probabile, a batter moneta coll’impronta vescovile. Le varianti o almeno alcune di esse che conosconsi delle monete con tale impronta, appartengono probabilmente a successive coniazioni.

Di questo periodo però e di quello delle lunghe lotte ambiziose delle varie signorie succedutesi in Reggio fino ad Azzo d’Este nulla rilevasi da documenti e cronache relativamente alla zecca, oltre la notizia di una temporanea chiusura di essa, non è noto se breve o no, e della sua riapertura nel 1269 in casa di Gherardo Massi, come ricorda il Memoriale reggiano di quell’anno1.

Nel 1290 i Reggiani, nella speranza d’un avvenire più tranquillo e giovevole al buon andamento della cosa pubblica, inviavano un ambasciatore ad Azzo d’Este, signore di Ferrara, offrendogli il governo della città per un triennio. L’Estense tenne così la città fino alla morte successa poco dopo, lasciandola poscia al figlio Azzo.

Del periodo di Azzo d’Este (1293-1306) conservasi una moneta che sarà descritta a suo luogo, ma sulla cui coniazione mancano documenti. Per avere notizie sulla zecca reggiana occorre sorvolare sul breve periodo di libertà succeduto ad Azzo e delle altre vicende politiche fino al 1312.

  1. Nel Rerum italicarum scriptores, vol. VIII, mcclxix. — Il Panciroli (Historia Regii, Lib. III), vorrebbe che le monete d’oro e d’argento si cominciassero a coniare in quest’epoca in casa del Massi col nome della repubblica, sostituitosi all’antica impronta vescovile. Pel fatto che non si conoscono esemplari di tali monete e per le ragioni sopra esposte che fanno ritenere che a Reggio si continuasse a batter moneta coll’impronta primitiva, credo inutile far rilevare di più la poca probabilità di tal fatto.