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la zecca di reggio emilia 175

mente assume il carattere di una ratifica, noi vediamo il podestà del Comune di Reggio approvare e rendere quindi esecutivo l’appalto. Senza l’approvazione del podestà, vale a dire del Consiglio generale di cui il podestà nell’ordine economico e amministrativo era il sindaco e il rappresentante normale, l’appalto non avrebbe potuto avere effetto e l’atto relativo sarebbe rimasto nullo.

E così che ha la prima origine la zecca reggiana. Federico II, seguendo, in tutto ciò che tornava utile alle sue mire politiche, le tradizioni dei suoi predecessori, concede al vescovo, non agli erimanni, al Comune, il diritto di monetazione; ma il vescovo per far uso di tal diritto è costretto a transigere col Comune, e il Comune ratificando si sostituisce di fatto nelle ragioni del vescovo, cioè del concessionario meramente ufficiale.

Nè poteva tardare che il Comune facesse un passo più in là e tagliasse fuori del tutto il vescovo. E se duro poi l’antica impronta vescovile nelle monete, di cui dirò tra breve, anche nel tempo in cui il Comune coniò senza chiedere licenze ad alcuno, la ragione si ha da ricercare tutta nel credito, dirò così, della ditta, nella estimazione che la buona antica moneta reggiana godeva sui mercati.

Il primo documento sulla zecca di Reggio rimonta al 1233 ed è appunto relativo alla prima apertura, che ebbe luogo quindi nove anni prima di quella della vicina Modena1.

Il vescovo Nicolò Maltraversi, con atto del 14 agosto, concedeva a Pietro de’ Millemerci e ad alcuni suoi soci di fabbricare della moneta grossa e piccola

  1. Vedi Arsenio Crespellani, La Zecca di Modena. Modena, Tip. Vincenzi, 1884. — Modena ottenne la facoltà di batter moneta con diploma imperiale del giugno 1226.