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122 | c. luppi |
presunzione la sua, perchè la di lui Memoria fu premiata; e il presidente di quel celebre Istituto, il Lenormant, nel presentare lo scritto all’Accademia, alludendo alle tesi contrarie sostenute da alcuni dotti di quel nobile consesso, non esitò di esclamare: Messieurs, nous nous sommes trompés.
Il Garrucci, non nato pel riposo, continuò con sempre maggior lena ad arricchire la repubblica letteraria di nuovi e pregiati lavori, le Iscrizioni di Rieti ed i Graffiti di Pompei. Nel 1856 pubblicava a Parigi le Mélanges d’epigraphie ancienne; di qui una dotta polemica col signor De Rossignol, membro dell’Istituto, le cui opinioni il Garrucci, narra uno dei suoi ammiratori, confutò con tanta arguzia di critica, con tanta erudizione, che la maggioranza di quegli Accademici dovette confessare avere il Garrucci riportata completa vittoria sul suo avversario. Pari onore gli fruttò nel 1875 la non meno dotta polemica col Prof. Ritschl di Bonna e con Errico Brunn a proposito della Sylloge delle iscrizioni anteaugustee. — Come il Winkelmann, mezzo secolo prima, aveva dato alla luce la Storia dell’arte pagana, così venne al Garrucci l’ispirazione di esporre in un’opera consimile i Primi otto secoli della vita cristiana. — Già in tempi diversi il Bosio, l’Aringhi, il Boldetti, il Bianchini, gli avevano appianato la via col minuzioso esame dell’enorme congerie di monumenti da loro stessi raccolti e descritti. Si trattava ora di sostituire all’analisi la sintesi, d’infondere la vita in quell’ammasso inerte, e di ridurre a principî di scienza ciò che non si conosceva che per esempî isolati o disgiunti. Ciò fece il Garrucci investigando sottilmente le ragioni dei fatti, luminosamente e solidamente basando su quelli la conferma dell’immutata tradizione della Chiesa. — La Storia dell’arte cristiana, opera da tanto tempo desiderata da molti, intravveduta da alcuni, aveva fino allora atterrito gli ingegni più forti e le menti più erudite. Frutto di quasi trent’anni di perseveranza e di lavoro, quest’opera immortale è compresa in otto grossi volumi in-fol., splendidamente illustrati con cinquecento tavole, edita in Prato dal 1872 al 1881. A quest’opera attinsero tutti gli archeologi minori de’ nostri tempi, e ad essa dovranno ricorrere in avvenire gli studiosi dell’antichità sacra come a fonte inesauribile e sicura. Con quest’opera il Garrucci raggiunse l’apogeo