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babile che questa si mantenne sotto il dominio di Bisanzio ancor durante il governo del doge Giovanni Partecipazio I, non v’ha d’altro canto motivo a dubitare ch’essa siasi qualche anno dopo accostata all’impero dei Carolingi e ne abbia accettata l’alta sovranità, come ne fa fede un decreto di Lotario I dell’846, pubblicato nel volume XI della Zeitschrift für Rechtsgeschichte, nel quale al capoverso 12 si ordina al doge Pietro d’imprendere una spedizione navale contro i Saraceni di Benevento, e come meglio di qualunque altro documento lo confermano i denari di Lodovico I e di Lotario I col nome di Venezia. Riguardo a questi denari non si può ammettere nè che gl’imperatori abbiano usato del nome di una città che a loro non era soggetta, nè che i Veneziani essendo pienamente liberi, abbiano fabbricata una moneta che aveva attinenza troppo palese con quella imperiale. «Il coniare moneta,» osserva giustamente l’A. a pag. 7, «ed il porvi il proprio nome fu sempre considerato come indizio di sovranità; ma il coniare moneta per far prova dinanzi al mondo della propria sovranità è un’idea che comincia nell’epoca civile e mostra la conoscenza del passato quale guida del presente. Laonde troveremo anche nella storia veneta un simile atto; ma più tardi solo quando il progresso civile sarà già alquanto avanzato, o quando Venezia, divenuta più forte, vedrà meno potenti i suoi vicini.» Le 24 varietà di conio che del denaro di Lodovico I il Pio sono enumerate in questo volume, valgono pure a provare che la moneta veniva fabbricata in quantità corrispondente ai bisogni di una vera circolazione e non semplicemente per far pompa di autorità. Ben 22 esemplari di tale denaro sono disegnati nelle due prime tavole, e di tutti quanti vengono indicati il peso, le collezioni in cui si conservano, e le opere che ne parlano.
L’A. s’accorda col conte di S. Quintino nel giudicare che questi denari e quelli di Lotario I, di cui conosce tre varietà, non sieno stati battuti a Venezia, dove gl’imperatori non ebbero mai potere diretto, nè tennero corte o palazzo; ma bensì in qualche officina imperiale, esistente in Italia, forse a Pavia, non potendosi ritenere che solamente dalla Francia si provvedesse ai bisogni di un regno tanto vasto. Per lo contrario non v’ha dubbio che abbia avuto origine a Venezia il successivo denaro anonimo con D • S CVNSERVA ROMANO IMP e XPE SALVA VENECIAS, il quale nel titolo, nel peso, nella forma e nell’aspetto corrisponde perfettamente a quelli che furono coniati secondo il sistema carolingio da Lodovico II. Se non che la sua diversa leggenda tradisce un primo tentativo di emanciparsi dall’autorità imperiale fatto da’ Veneziani tra l’855 e l’880, e va eziandio notato ch’esso fu fabbricato al tempo in cui per di-