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monete d’oro coniate da carlo i d’angiò 345

o in occasione della crociata di Tunisi, o quando Carlo s’apparecchiava alla conquista dell’impero Greco. E, tra le due ipotesi, preferisco, quella che si riferisce all’impresa di Tunisi; poiché una preziosa notizia, tratta dal registro angioino 1271 A dell’Archivio di Napoli, viene a confermarla. Questo registro, disgraziatamente non esiste più, ma nel XVII secolo, il De Lellis, impiegato all’archivio di Napoli, di cui rimangono importanti studii sulle famiglie nobili del Reame, segnò le notizie più importanti, che gli vennero sott’occhio nello spoglio di quello e di altri registri e, tra le annotazioni da lui fatte, e’ interessa la seguente:

" Si ordina allo straticò di Messina di pagare una certa somma a Vitale e Lanfranco Riccio, Zecchieri, mandati ad felicem exercitum nostrum apud Tunisium pro exercenda sicla in dicto exercito. „
(Reg. 127 1, A, fol. 4).

Carlo, rimase quasi tre mesi in Africa, essendo arrivato quivi il 25 agosto 1270 e partito il 18 novembre1, e quindi, avendo seco de’ Zecchieri e quanto occorreva per il conio, è più che probabile che avesse agio di coniar moneta. È anche assai naturale che, dopo la morte del fratello, rivestito ancora delle religiose insegne del crociato abbia dettato quell’umile leggenda.

Penso però, che tornato nel Regno, ed accingendosi all’impresa di Costantinopoli, abbia ripetuto quel conio, la cui epigrafe ben s’adattava al religioso fanatismo con cui cercò l’Angioino di assecondare i suoi disegni sull’impero greco.

  1. Reg. Ang. dell’Archivio di Napoli N. 6, fol. 155-167 t. N. 13, fol. 62, 63 e 64. — Vedi Minieri Riccio, Itinerario di Cario d’Angiò, pag. 5.