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appunti di numismatica romana | 277 |
zione a martello, sia per appiattirli, sia per renderli di forma approssimativamente rotonda, finché si giunge ad avere dei veri tondini proprii alla coniazione come lo dimostrano gli ultimi riprodotti nella tavola, i quali hanno già la forma di moneta, anzi per esser tali non manca loro che il conio.
Il medesimo processo è egualmente visibile alla seconda tavola (VII), ove invece la forma primitiva del metallo è quella di una verga a sezione approssimativamente circolare. Il primo frammento è evidentemente tolto da una verga di sezione maggiore. Quelli che seguono invece si vede che furono tagliati da verghe come quella che ci è sola rimasta intera, frammenti che il lavoro progressivo del martello rende a poco a poco appropriati a servire da tondini per monete.
Il lavoro del martello però segue una via differente pei segmenti delle verghe piatte rappresentate alla Tav. VI e per quelli delle verghe rotonde della VII. Sui frammenti della prima si esercita nel senso longitudinale della verga poi nel senso degli angoli per ottunderli, e ottenere così la forma circolare voluta pel tondino; mentre sui frammenti di quelle rotonde, il martello fa il suo lavoro nel senso della sezione, per guadagnare in larghezza, ciò che la percussione fa perdere nello spessore; ma per arrivare sempre al medesimo risultato, d’avere dei pezzi di metallo proprii alla coniazione di monete.
Da tempo, e malgrado l’opinione contraria di parecchi egregi colleghi e anche di qualche coniatore di medaglie, tutti sostenitori del sistema della fusione, io m’ero formata la convinzione, che sempre mantenni, del taglio a scalpello e tale convinzione oggi la vedo con piacere confermata dal nostro ripostiglio.
Un attento esame dei bronzi imperiali fino oltre l’epoca di Gallieno, e dirò più precisamente l’esame