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alla storia, fin da allora in collegio, fra le mura austere di quell’antico monastero, testimonio del glorioso passato della sua patria, attratti a sè i migliori de’ suoi condiscepoli, fecesi redattore d’un giornale di storia, letteratura e varietà, che rendendo palese quel suo profondo amore a quegli studi severi, conquistossi la stima, non solo de’ compagni, ma anche dei Superiori, che a gara gli offrivano continuamente nuovi argomenti da esercitare il suo ingegno in quelle nobili discipline.

Le ore pertanto, che gli altri suoi compagni concedevano allo svago ed al passeggio, egli invece le consacrava alla lettura e all’erudite indagini della storia e della filologia, consultando libri, che il solerte Direttore Luigi Della Vecchia, largamente gli forniva dalla ricca biblioteca dell’Istituto. Di pari passo con quelle erudite indagini, non tardò a svilupparsi in lui un singolare amore per gli oggetti antichi, ed in ispecie per le monete e le medaglie, che coi suoi tenui risparmi andava comperando, o che riceveva in regalo dal padre, il quale aveva scoperto nel figlio la passione, che di giorno in giorno facevasi sempre più viva fra quei piccoli ma importanti monumenti dei tempi vetusti. La cosa poi procedette di guisa che il nostro Vincenzo si trovò in breve tempo possessore di un modesto ma pregiato medagliere; e siccome il Lazari dilettavasi anche di fisica, trovò modo di far servire anche questa scienza ad ornare ancor più la sua raccolta numismatica, producendo in galvano-plastica quei pezzi che per la loro rarità, e pel loro costo sorpassavano le sue modeste risorse economiche.

Nel 1840, terminati i suoi studi filosofici, dovendo abbandonare la città nativa e trasferirsi a Padova per attendere agli studi politico-legali presso quella celebre Università, vi si recò in compagnia della diletta sua famiglia, che non volle staccarsi da lui, e preferì trasportare la sua dimora in quella città per tutto il tempo che essi sarebbero durati.

Durante quell’anno, Vincenzo divenne uno dei più assidui frequentatori della biblioteca dell’Università, e di quella insigne del Seminario, i cui professori, seguendo le splendide tradizioni dei famosi lessicografi loro predecessori: Giacomo Faciolati, Egidio Forcellini, e Giuseppe Furlanetto, dell’erudito Clemente Sibiliato, e del valentissimo traduttore di Pin-