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18 isidoro falchi

Scipione impone ai Cartaginesi il pagamento di 10 mila talenti; e 11 anni dopo la seconda guerra punica Tolomeo re d’Egitto fece offrire ai Romani 1000 mine d’oro e 20 mila d’argento: ma così poco i Romani trovavansi in bisogno, che ricusarono l’offerta.

Finalmente ricorderò un fatto che toglie di mezzo ogni dubbio. Mentre persisteva l’alleggerimento dell’asse, le vittorie di Flaminio, e 20 anni appresso, le vittorie di Paolo Emilio fecero entrare in Roma tante ricchezze da far traboccare il pubblico erario, di modo che, dice Tito Livio, ogni tributo sul popolo fu abolito e per la durata di 125 anni non più introdotto. Tuttavia l’asse già ridotto al peso di mezz’oncia si mantenne al minimo della sua riduzione. Si aggiunga a tutto quanto sopra che l’impiccolimento della moneta si verificò contemporaneamente in tutti gli Stati: onde se ne dovrebbe concludere che tutti quanti gemevano nella miseria.

Si persuadano adunque gli storici e gli economisti che Roma non lucrò e non ebbe bisogno di lucrare sulla moneta.

Quale allora, mi si dirà, la ragione della riduzione in peso dell’asse?

L’asse grave di bronzo, o libbra primitiva di Roma di 12 once, era peso e misura del peso con un valore inconstante; tale si conservò fino all’anno di Roma 490, quando introdotto l’argento, fu necessità di spogliare la pecunia della sua qualità di peso, per destinarla a rappresentare solamente un valore fisso, corrispondente ai segni che portava. Allora comparve per la prima volta la vera moneta, coniata, con valore costante e peso mutabile; la quale moneta si trova alleggerita, a due oncie nel 490, a un’oncia nel 536, a mezz’oncia nell’anno 563 dalla fondazione, senza che per questo cambiasse mai il suo