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130 francesco gnecchi

raccomandazione assai poco lusinghiera. " Les monnaies de Valens „, vi è detto come annotazione, riportando le parole di Beauvais, " ne sont connues que dans Golzius, où l’on voit qu’il porte le nom d’Auguste. „ Il Cohen quindi, conoscendo la moneta pel solo citato catalogo, bene fece a diffidarne, malgrado che Eckel l’avesse accettata senza esitazione. Il nome di Golzius (quantunque questa volta fosse nel vero) era una ragione più che sufficiente per ritenere dubbiosa la moneta, e questa ragione è assai più forte dell’altra addotta del titolo d’Augusto, per quanto dagli scrittori venisse e venga tuttora comunemente dato a Valente il semplice titolo di Cesare. Se l’indicazione di quel titolo però poteva in qualche modo essere una ragione di dubbio pel Cohen, il quale non aveva mai avuto sott’occhio alcuna moneta di Valente, non si vede davvero perchè, avendo alla mano il documento irrefutabile di una moneta riconosciuta e descritta per autentica, quale è senza dubbio, nella seconda edizione non si siano fatte le debite correzioni storiche e si sia continuato — nella biografia di Licinio — a parlare di Valente col titolo di Cesare, senza punto accennare a quello di Augusto.

Le monete di Valente rimasero quindi dubbiose dopo la scomparsa dell’esemplare d’Ennery, il quale è forse il medesimo, che ricomparve poi nella vendita Badeigts de Laborde, e che passò in seguito al Gabinetto di Francia, ove si trova attualmente. Sono dunque due gli esemplari ora conosciuti di questo piccolo bronzo e ambedue portano la sigla della zecca d’Alessandria. Può sembrare strano che in un regno così breve Valente abbia avuto tempo di coniare monete in una zecca tanto lontana; ma la coniazione egizia non è punto in contraddizione colla brevissima durata del regno di Valente, e la cosa ap-