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medaglia del porto di fano 369

portare l’acqua al molino della Sacca e venne chiamata la Traforata. Tale opera non venne proseguita perchè la spesa sarebbe stata addirittura enorme: e così nel 1497 si facevano ancora dei lavori all’Arzilla.

Nel 1556 Pietro Cilla da Venezia, architetto chiamato dal Consiglio fin dal 1553, fece un progetto di Porto e vennero quindi Sabba Martino da Quintavalle e il fratello di Aluvigi architetti a riconoscere i siti per procedere al nuovo lavoro. Intanto per provvedere ai mezzi il Comune aumentava l’imbottato e si faceva prestare denaro e legnami dall’amministrazione della Pia Azienda del Ponte. Il 30 di Giugno il Comune fece celebrare un officio di messe nella Chiesa di S. Salvatore per propiziarsi Iddio, essendosi in quel giorno cominciato il lavoro del Porto e il taglio dei pali nella Selva del Ponte: il 7 di settembre dopo un’altra messa solenne al Duomo, cui assistè il Magistrato e il Consiglio, si diè principio a porre i pali all’Arzilla. Ma l’aiuto divino invocato colle solenni cerimonie ecclesiastiche mancò anco a questa nuova fabbrica che in breve ebbe la sorte delle altre.

Quindi nuovi progetti, nuovi studi, e istanze alla Corte Romana. Il Cardinale Rusticucci Fanese tanto si adoprò che fece incaricare nel 1591 Lorio Lori architetto della Camera di Roma di fare un nuovo progetto e si tolse l’impegno di ottenere dal Papa nel 1595 la facoltà di spendere in tale opera venticinquemila scudi: ma lo preoccupazioni destate dal male contagioso che imperversava in Lombardia fecero rimettere la cosa ad altro tempo1.

Quando Clemente VIII, che era nato a Fano, passò nel 1598 dalla sua patria per recarsi a Ferrara non mancarono i rappresentanti del Comune di palesargli “il solito desiderio o l’antica inclinazione della città di porre mano alla fabbrica del Porto”2. Egli accolse l’istanza incaricando Don Mario Farnese di riferirgli in proposito, e, siccome il referto fu favorevole, destinò per architetto il celebre Giovanni Fontana. Ma non doveva toccare al pontifi-

  1. Amiani, T. II, pag. 239.
  2. Idem, id., pag. 244.