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326 nicolò papadopoli

vedere il quattrino coniato in quest’epoca. Però nelle sue memorie, che conservo manoscritte, egli giustamente si ricrede, osservando che la fattura di questo pezzo, perfettamente uguale a quello coniato per Rovigo, li mostra entrambi incisi dalla stessa mano e battuti nella stessa epoca, che per Rovigo non si può anticipare dal 1484, seconda occupazione di quella città. Aggiungerò che non sarebbe naturale che la zecca di Venezia, soltanto in questo caso per Ravenna, avesse messo il Santo protettore ed il nome della città, uso introdotto soltanto più tardi, e che il volume ed il peso di tale monetina non permettono di supporre un mezzo quattrino, che sarebbe riuscito tropico piccolo e troppo leggero. D’altronde la lira ed il quattrino di Ravenna erano uguali a quelli adoperati nelle città di Rimini, Pesaro ed altre vicine; ma i quattrini di quel tempo e di quei luoghi sono più pesanti e stanno fra i 14 ed i 16 grani. Crederei piuttosto riconoscere il quattrino decretato sotto Francesco Foscari in quel rarissimo nummo, che ha da un lato la croce ornata e dall’altra il leone rampante senza ali, colla banderuola fra le zampe anteriori, il cui peso si avvicina assai a quello dei quattrini battuti nella città della Romagna ed è tale da permettere la coniazione di un mezzo quattrino di sufficiente volume.

Il quattrino a Ravenna e nelle Romagna valeva due denari piccioli della lira usata in quelle provincie, come dimostra lo Zanetti, per cui il mezzo quattrino era uguale alla 1|240 parte della lira. Sembrami poterlo identificare in quella moneta esistente nel Museo di S. Marco, che Lazari credette un tornese. Siccome più tardi si sono ritrovati degli esemplari del vero tornese di Francesco Foscari e di Cristoforo Moro, con la solita croce, non si può ammettere che la zecca abbia lasciato un tipo antico e popolare, come