corso in tutti quei territori, nei quali ora anche comune la tradizione della forma concava o scifata. Infatti, tra gli esemplari che si conservano nei medaglieri, alcuni sono di buon aspetto ed hanno la consueta quantità d’argento, altri invece sono neri e di lavorazione negletta. I primi sono quelli coniati avanti il decreto, gli altri colla nuova lega più scadente, ma tutti hanno lo stesso peso che supera di poco i quattro grani e non raggiunge i 4 1|2. A Verona e Vicenza correva invece la lira veronese, la quale, come fu detto precedentemente, valeva un terzo di più della veneziana, e quindi per quelle Provincie si continuavano a coniare i denari colla croce a lunghe braccia, che divide a due a due le lettere dell’iscrizione, simili a quelli per la prima volta coniati da Michele Steno, che pesano scarsi 6 grani. I territori di Brescia e della Lombardia veneziana usavano la lira imperiale, doppia della veneziana, come rilevasi anche da un documento poc’anzi riferito, e quindi ad essi deve attribuirsi quel piccolo assai comune che da un lato ha il leone accosciato senza iscrizione e dall’altro, fra le braccia della croce, le lettere F F D V, il cui peso, abbastanza variabile fra pezzo e pezzo, ha però una media di 8 grani e 1|2. È questa la prima volta che nei documenti veneziani s’ incontra la parola bagattino, che invece a Padova è adoperato sino dall’ultimo quarto del secolo XIII1, ed a Treviso anche prima, e precisamente nel decreto 7 settembre 1317, in cui si ordina la coniazione del piccolo ossia bagattino2.
- ↑ Verci G. B., Delle monete di Padova, in Zanetti G. A., Nuova raccolta di zecche e monete d’Italia. Tomo III, pag. 374. Brunacci J., De re Nummaria Patavinorum, pag. 46.
- ↑ Azzoni Avogaro, R. Delle monete di Trevigi. in Zanetti G. A., Nuova raccolta, etc. Tomo IV.