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318 | nicolò papadopoli |
dere la loro libertà contro il nemico comune. Aspre ed accanite lotte si pugnarono sui campi di Lombardia, sotto il comando dei più illustri capitani di ventura, con varia vicenda; più volte fu segnata la pace, ma si riprese poco dopo la guerra, e solo dopo la morte del Duca Filippo i Veneziani poterono concludere una pace durevole colla cessione definitiva di Cremona, oltre a Brescia e Bergamo ottenute nei precedenti trattati.
Gli sforzi fatti nelle lunghe guerre d’Italia impedirono di tutelare validamente gli interessi veneziani in levante, dove i Turchi si avanzavano minacciosi molestando continuamente l’impero greco ed i principi cristiani. Nel 1430 presero Salonicco, di cui gli abitanti s’erano dati pochi anni prima a Venezia, e nel 1453, dopo una memorabile difesa, entrarono in Costantinopoli con gravissimo danno del commercio e dell’influenza dei Veneziani che non avevano potuto recare efficace soccorso ai Greci per l’abbandono di tutte le potenze europee e per la mancanza di forze militari ed economiche stremate nelle guerre d’occidente.
Gli ultimi anni del vecchio doge furono amareggiati da sventure e dolori, e principalmente dalla condanna a morte del figlio Jacopo, che si era reso colpevole di gravi infrazioni alle leggi dello stato. Finalmente la deposizione dal dogado, consigliata da crudele ragione di stato o da altri motivi assai difficili, a distanza di secoli, ad apprezzarsi, affrettò la fine di quel principe elettivo, che aveva avuto più lungo regno.
Quanto alla zecca pochi fatti importanti sono da notare in questo periodo, meno forse che in altri regni più brevi, ma più calmi. Relativamente al più prezioso dei metalli non si conoscono che due soli documenti: un decreto del 18 settembre