dei pesi a seconda degli assi e anche dei mezzi assi che in tali differenti pesi si possono riscontrare, e dà, nel suo articolo sul medaglione Romano, la serie dei Gran Bronzi pesanti 5 Assi, 5 1|2 assi, 6 assi, 7 assi, 7 1|2 assi, 8 assi, ecc. Ma se ciò può star bene in teoria e riesce ammirabile a chi lo osserva nelle tabelle, quando si viene al lato pratico della questione, nasce spontanea la domanda se è ammissibile che tante sottili e sottilissime distinzioni si potessero fare. Nel commercio comune pare logico ammettere che tanto valesse un sesterzio leggero come uno pesante, tanto un dupondio leggero come uno pesante, chè altrimenti sarebbe necessario supporre che gli antichi romani dovessero andare costantemente provvisti di una bilancia, il che confina coll’assurdo. Perchè infine bisogna considerare che non si tratta dell’oro o dell’argento, bensì del bronzo, il quale, durante il periodo imperiale, non era più, come alcuni secoli addietro, il tipo monetario, vero rappresentante del valore; ma semplice moneta divisionaria e di valore convenzionale, come lo è ai giorni nostri, fatta unicamente pei piccoli saldi e per le spicciole e giornaliere contrattazioni. E bisogna anche tener conto della relativa imperfezione nella apprestazione dei tondini per le monete di bronzo, sia che questi venissero fusi prima d’essere coniati, come generalmente si ritiene, sia che venissero tagliati da verghe, come certamente in qualche epoca si fece (e lo dimostrerò in una prossima memoria). Ammessa però l’irregolarità necessaria dei pesi entro certi limiti, e ammesse le differenze anche grandi, che possono esistere e tollerarsi fra le monete dello stesso valore, v’hanno sempre alcuni pezzi, che decisamente offrono un peso fuori del comune, e sono appunto quei pezzi, i quali fin qui furono battezzati, in mancanza di una denominazione più precisa, per “Medii bronzi battuti in