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per anco pronunciato i voti solenni, dovette rientrare nella vita secolare. Lasciato il Convento, e provvisto della modesta pensione concessagli, primo suo pensiero fu quello di ritornare a Roma per completare i suoi studî, e dedicarsi più di proposito a quelli della storia, della filologia, dell’archeologia e della numismatica. Quando si sentì fornita la mente d’un corredo sufficiente di erudizione e di cognizioni, intraprese frequenti viaggi nelle diverse città della penisola ad esaminare documenti, a consultare libri e memorie che servissero a’ suoi studî prediletti. Fra le città italiane, quella che lo attrasse più specialmente, fu Lucca, dove faceva più lunghe dimore, e che poi considerò come sua seconda patria. In Lucca, nel 1815, diede alla luce il suo primo lavoro: Osservazioni sopra alcuni monumenti di belle arti nello Stato Lucchese; cinque anni dopo (1820), in seguito ad una scoperta fatta, non lungi dalla città, di un ripostiglio di monete medioevali, pubblicò il suo secondo lavoro: Della zecca e delle monete dei Marchesi della Toscana nel decimo secolo. Fu in considerazione del merito di questo lavoro che l’Accademia Lucchese gli fece l’onore di accoglierlo nel numero de’ suoi membri effettivi. D’allora in poi altri pregiati scritti uscirono dalla sua penna a Firenze e a Roma. In quest’ultima città, l’anno dopo, sottopose al giudizio dei dotti le sue Considerazioni sulle monete dei bassi tempi, ritrovate nella tomba di San Francesco d’Assisi.

Restituita la Famiglia reale di Savoja negli Stati aviti, il S. Quintino fece ritorno in patria, e poco dopo, (1823), presentò all’Accademia Reale delle Scienze in Torino due opuscoli, e cioè: Dell’uso dei marmi Lunesi presso gli antichi; e Dei più antichi marmi statuari adoperati per la scoltura in Italia, che furono inserti nella Raccolta di quell’insigne Istituto, e valsero all’autore l’ammissione a membro di quel dotto consesso.

Quando re Carlo Felice acquistò con 400 mila lire, la celebre collezione di antichità egiziane, fatta durante il suo lungo soggiorno in Alessandria d’Egitto, dal Cavaliere B. Drovetti, console generale di Francia, il S. Quintino fece di essa uno studio speciale, che pubblicò in Roma in