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poche osservazioni sul denaro di l. memmi 191

da quelle delle zecche di città greche è la inesatta esecuzione del lavoro, la quale rivela un’arte non avanzata. Una certa pinguedine del viso è caratteristica di molte figure impresse sulle monete romane, e si scorge a prima vista nella faccia di Apollo che ricorre sui denari di C. Considius Paetus, di P. Clodius Turrinus, di Q. Caepio Brutus, di Pomponius Musa, di Scribonius Libo, di L. Flaminius Cilo. Vero è che essa sulla moneta di L. Memmio è molto esagerata; ma se si ammette che questi esercitò l’ufficio di triumviro monetale insieme con Mn. Aquilius e Flaminius Cilo, i cui denari peccano della stessa imperfezione, più che tutti gli altri citati1, non si esiterà a dire che l’incisore, per poca esperienza nel disegnare o per dare alle figure carattere di arcaismo si compiacesse di esagerare le proporzioni del volto2. Ciò premesso, credo potersi dimostrare che la testa del diritto sul denaro di Memmio, sia di Apollo, tenuto conto delle seguenti considerazioni. Fra i personaggi della gens Memmia, che non sono in iscarso numero, ne trovo citato uno di cognome Apollinaris3: e siccome i romani si compiacevano di ricercare l’etimologia dei loro nomi o cognomi nei nomi degli dei o degli eroi, non è improbabile l’ipotesi che il cognome Apollinaris, il quale distingueva un ramo della gente Memmia, derivasse da qualche particolare culto che essa esercitava in onore di Apollo.

  1. Il Cavedoni invece (Ripostigli, p. 191) unì in un sol collegio monetale C. Fonteio, col bifronte imberbe, L. Memmio e L. Valerio Flacco con Marte tropeoforo per la singolare somiglianza di stile, che passa fra i loro denari.
  2. E qui ricordo che sul quincux di Lucera (Babelon, Class. chronol., n. 41) è impressa la testa di Apollo, d’una pinguedine estranea alla finitezza dello stile greco.
  3. Borghesi, Oeuvr. VIII, p. 393.