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XXIII.

NUMI PLUMBEI.


Fra i numismatici della fine del secolo scorso e del principio del presente, s’è fatto un gran battagliare per decidere se veramente l’antichità abbia avuto o no una vera moneta di piombo.

I grammatici frugarono le biblioteche, citarono passi d’antichi autori e principalmente alcuni di Plauto e di Marziale, in cui figurano questi numi plumbei: e chi sosteneva doversi l’aggettivo plumbeus intendere in senso proprio, chi invece in senso allegorico.

Non ripeterò qui, perchè sono già ripetute in troppi altri luoghi, nè le citazioni di Plauto e di Marziale, nè il successivo rimbeccarsi del Giulio Lipsio, del Pigoria, del Molinet, del Baudelot, del Bimard e finalmente del Ficoroni e del Garrucci. La conclusione della lunga battaglia si fu — come a noi ora pare naturalissimo — che le citazioni degli autori latini dovessero prendersi in senso allegorico, che il numus plumbeus dei romani non indicasse una speciale e reale moneta: ma tosse semplicemente un modo di dire, press’a poco equivalente all’espressione vile moneta dei nostri giorni: e che quindi vera moneta di piombo non abbia mai esistito nel mondo romano, quantunque di tali monete abbiano dimostrato l’esistenza nell’antico Egitto, nelle Gallie, in Numidia e forse a Siracusa, il Longpérier1, il

  1. Revue Numismatique, 1861, pag. 253 e seg. e pag. 407 e seg.