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70 luigi a. milani

Cora nel Lazio (Garrucci, tav. LXXXII, 22), del semisse di Suessa, e delle ovvie monete d’argento romano-campane (v. sopra p. 47); eminentemente battagliero, indomabile, invicibile, sorprende non veduto il nemico (cfr. i miti di Bellerofonte che abbatte la Chimera, e di Perseo uccidente Cete) lo sgomenta e lo mette in fuga con vertiginosa e fulminea velocità. Non è desso bene Timmagine parlante della insuperabile rapidità e potenza della cavalleria romana, la quale l’ha infatti adottato più tardi per proprio vessillo?1.

Il carattere dei tipi dell’aes signatum n. 5, lo stile del pegaso e quello dell’aquila, e, come vedremo fra poco, la stessa metrologia e altresì la tecnica peculiare, ci obbligano ad assegnarlo con piena sicurezza all’officina di Capua.

Per poco il Soutzo (o. c., II, p, 23) aveva dunque bene intuito, quando, metrologicamente considerando questo quadrilatero come un pezzo militare campaniano, si domandava, se invece di un quincussis romano, non fosse per avventura un tetramma campano.

Il suo peso è di gr. 1396, quasi il medesimo del-

  1. Vedasi il bassorilievo del Mus. Brit dato dal Domaszewski, op. cit., p. 77. Ai tempo di Gallieno, il pegaso ed il cignale (aper) erano i segni della Leg. I e II adiutrix. E giacché il pegaso delle più antiche monete romane sta in relazione con la cavalleria romana, e l’aquila e la folgore colla insegna della legione, e la mano aperta con l’insegna del manipolo (v. sopra p. 60), non potrebbe logicamente congetturarsi che anche l’aper o il porco, rappresentato sul triente suessano e sulle monete campane, quale proprio simbolo del foedus romano-campano (v. Servio, ad Aen. VIII, 641, in confronto con gli aurei, Garrucci, tav. LXXVIII, 14-17, con l’argento LXXIX, 21 ed in ispecie col bronzo, Garrucci, tavola XXXLVII, 3) stia in relazione con una insegna legionare? Al tempo di Gallieno lo troviamo nella Leg. I italica e nella Leg. II adiutrix. I nomi stessi delle legioni dicono qualche cosa! Anche i tipi di Minerva, leone, bove, centauro, draco, dell’aes grave, forse sarebbe lecito di mettere in rapporto con le insegne dell’esercito romano, almeno adottate da Mario e continuate ancora al tempo di Gallieno, Vittorino e Carausio. Vedasi l’elenco di tali insegne presso Domaszewski op. cit p. 65.