Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
i “carlini” e la medaglia trionfale, ecc. | 489 |
Ma, morto addi 28 giugno del 1458 il magnanimo Alfonso, si chiarirono vane le promesse dei baroni, inutili le sanzioni pontificie. Diviso il Reame, esausto l’erario a cagione della prodigalità di Alfonso, era evidente la debolezza di Ferdinando e quindi riapparvero i pretendenti stranieri, rialzarono il capo i baroni del Regno, avversi a Casa d’Aragona, e Calisto III, succeduto a Nicolò V, profittando di così favorevole occasione, dichiarò il regno devoluto a Santa Chiesa ed emanò terribile bolla minacciando di scomunica ed interdetto chi presterebbe obbedienza all’Aragonese. Bisognò adunque che Ferdinando colle armi e la scaltrezza riacquistasse il paterno retaggio. Tra tanti pericoli, dinnanzi a tanta ingratitudine, più che mai aveva Ferdinando ragione di ripetere sulla sua moneta il motto del padre: Dominus meus adiutor et ego despiciam inimicos meos.
L’astuzia dell’Aragonese, l’aiuto interessato del Duca di Milano, la morte opportunissima del formidabile nemico Calisto (6 agosto 1458) successivamente rimossero i gravi pericoli che minacciavano il trono napoletano.
Ai 27 d’Agosto del 1458 fu eletto pontefice Enea Silvio Piccolomini, col nome di Pio II, e Ferdinando, benché a condizioni non lievi, ottenne da lui, nel novembre del 1458, l’investitura e conseguente revoca della bolla di scomunica di Calisto1 e, poi, addì 14 febbraio 1459, fu solennemente coronato a Barletta dal cardinale Latino Orsino, inviato quivi dal Pontefice.
Addì 14 febbraio fo investito, narra notar Giacomo, unto et coronato del Regno de Napoli in la cita de bar-
- ↑ V. in Lunig, Cod. dipl. T. II, p. 1259-1278, n. CXXVI, CXXIII, CXXIV.