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monete italiane inedite nella coll. brambilla 461

all’oculatezza di principi e di amministratori della cosa pubblica, il determinare con continui mutamenti il valore pel quale le monete dovevano essere effettivamente ricevute, non senza talvolta accennare quello stesso valore nel doppio ragguaglio di moneta lunga per l’appunto, e di moneta corta.

Il valore di emissione pertanto quando trovasi segnato sulla moneta diventa molto istruttivo se confrontato colle tariffe successive, e l’oscillazione continua, che per una stessa moneta riscontrasi nel corso che le è a volta a volta attribuito, aumenta l’interesse congiunto a quei confronti. Può essere il caso di un convincente esempio. Sotto il corrotto nome di Selmino emettevasi nei primi anni del secolo XVII, ed anche successivamente, in Guastalla, la moneta colla figura di San Pietro, che troviamo descritta e prodotta dell’Affò dotto illustratore di quella zecca1, e colla quale volevasi imitato il notissimo Anselmino di Mantova, il cui valore vero era in questa città di soldi venti. Il Selmino di Guastalla per modulo eguale, se non superiore alll’Anselmino di Mantova, ma deficiente in suo confronto nel peso e nell’intrinseco, valuta vasi nel 1610 e nel luogo di sua emissione soldi ventidue, ed in Bologna nel 1612 soltanto soldi dieci e quattrini due, e più tardi nel 1616 in tariffa di Sabbioneta troviamo accomunati in una unica denominazione, ed in un solo valore di soldi ventiquattro gli Anselmini di Mantova ed i Selmini di Guastalla. Egli è ben chiaro che quei valori più elevati erano dipendenti da corsi platealmente, o con arbitrio attribuiti, e senza giusto riguardo al vero pregio intrinseco delle monete.

Quei piccoli principi però, che usavano ed anche

  1. In Zanetti, Tomo III, Pag. 59. Tav. II, 25.