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i "cavalli" di ferdinando i d'aragona, re di napoli 339

tale diritto e che quella zecca fosse stata definitivamente chiusa sotto Ludovico XII di Francia. Ma la zecca aquilana continuò, invece, ancora durante il regno di Ferdinando il Cattolico e quello di Carlo V essendo tuttavia, nel 1552, in piena attività; poiché rilevo da rescritto della Camera Esecutoriale1 che in quell’anno fu concesso a Giovan Battista Ravaschiero di Napoli l’ufficio di mastro di zecca delle città di Napoli ed Aquila, essendo stato tolto tale ufficio al Conte di S. Agata, a cagione della di lui pessima amministrazione. Ma, poiché tra tante monete di Ferdinando il Cattolico e di Carlo V non ve n’è alcuna che rechi il solito contrassegno della zecca aquilana, si deve, credo, supporre che, servendo solo il conio per maggior comodità di quella provincia e non per ostentare particolare predilezione da parte del sovrano, non vi si mettesse più, dal 1504 in poi, alcun simbolo distintivo di zecca.

Sotto Alfonso I, e durante i primi anni del regno di Ferdinando I, i conii di Aquila furono incisi dall’orefice napoletano, Francesco Liparolo scultor et fabricator cuneorum necessariorum in regiis siclis huius regni. Ne trovo menzione, per la prima volta, in un documento dell’8 giugno 14562, in cui Alfonso, considerando che la paga da lui percepita di 1 1/2 tornese per ogni libbra d’argento e rame, era tenuissima, ordina che gli si diano 3 tornesi per libbra di moneta fatta coi conii che dovrà incidere nella zecca di Napoli, o in altra qualsiasi zecca del reame. Per la moneta d’oro percepiva 5 grani d’oro per ogni libbra. Francesco Liparolo mori verso il 14683. Gli successe

  1. Repert. fol. 290.
  2. R. C. S. Comuni 5 fol. 119 t.
  3. 18 dicembre, Comuni 10 fol. 21.