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aes rude, signatum e grave, ecc. 113

Tevere, che è poco più della metà dell’intero e pesa gr. 1460 (decussis di riduzione ?).

Todi, nelle prime emissioni del suo aes signatum quadrilatero, imita questa tecnica e adotta la spina di pesce, forse specifica dell’Umbria, dando fuori i suoi quadrilateri con la clava o col toro (v. sopra p. 97). L’emissione dei quadrilateri di Todi, corrispondenti nel peso ai quincussi librali romani, io non dubito che stia in rapporto con la contratta amicizia con Roma (cfr. l’oncia coniata con la scrofa, citata a p. 80, e la nota 102) e credo che sia di poco posteriore al nascondimento del nostro ripostiglio. Poco innanzi, Todi, seguendo l’esempio della consorella Gubbio, e pure d’accordo con Roma, aveva emesso i primi pezzi di aes grave fusi sul piede della libbra etrusca, trovandosi in più stretto legame di commercio con l’Etruria, cui era appartenuta, che con Roma1.

Nel 241 a. C. i Romani colonizzarono Spoleto, e poco prima o poco dopo essi avevano cosi bene vincolata, assimilata e romanizzata l’Umbria da rendere possibile e naturale l’iscrizione umbro-latina scoperta dal Sordini a S. Quirico, cinque miglia lungi dalla Bruna2. Questa importante iscrizione si riferisce ad un luco sacro a Giove che stava nei dintorni; chi avesse violato il quale, tagliando scientemente degli alberi, avrebbe dovuto pagare per multa un bove e trecento assi (sei quis. scies violasti. dolo. malo Jovei. bovid. piaclum datod. et a. (asses)

  1. Garrucci, tav. LV. Che Todi nella prima metà del sec. III stesse in istretti rapporti commerciali con l’Etruria è dimostrato dalla insigne tomba cosiddetta della sacerdotessa, ora nel Museo di Villa Giulia in Roma (Notizie degli scavi 1886 p. 867).
  2. V. Bormann, Miscellanea Capitolina, 1879, p. 1 e segg.; Jordan, Quaestiones Umbricae, Regimontii 1882, p. 16 e segg.; Garrucci, Sylloge, add. 2881.