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aes rude, signatum e grave, ecc. 111

tità alla dea Feronia nel recinto del suo tempio ai piedi del Soratte (aeris rudera acervi)1.

Considerando la frequenza con cui si suole rinvenire l’aes rude nelle tombe etrusche ed umbre del sec. III a. C., io reputo che l’uso dell’aes rude permanesse accanto all’aes grave più estesamente in Etruria ed Umbria, che non nel Lazio.

La tecnica del nostro spezzato n. 1 corrisponde perfettamente con quella del citato spezzato del Museo di Firenze, avente il notevole peso di gr. 3350 (cfr. sopra p. 33). Mentre poi il detto aes rude di Firenze, che, come spezzato mediano d’un quadrilatero, dà a vedere di essere un terzo circa dell’intero, farebbe supporre per l’intera verga un peso di circa 20 mine italiche primitive2, il nostro spezzato, triplicato nel suo peso (gr. 4101), corrisponderebbe per contro a 20 libbre etrusche leggere, pari a 10 mine attiche campaniane, a 20 sicule3, e 12 libbre romane ardite4.

La forma di verga o pane cuneiforme, la tecnica ed il peso, associano il nostro spezzato di aes rude al primitivo aes signatum etrusco ed umbro, avente l’impronta del ramo secco o della spina di pesce.

Cronologicamente si può essere sicuri che prima abbiamo l’aes rude fuso in istaffe o matrici aperte scodellate (ripostiglio di Cere, Garrucci, tav. II-V)5; poi, quello quadrilatero fuso in istaffe socchiuse o mal com-

  1. V. Garrucci, Dissertazioni Archeologiche, I, p. 154.
  2. La mina italica di 18 oncie è menzionata da vari antichi metrologi: V. Hultsch, Metr. Script. reliquiae, I, p. 108, 228, 25; 240, 12.
  3. Cfr. sopra p. 73.
  4. Garrucci, tav. I, 1, p. 3, calcolava un peso di 12 libbre romane per il più gran pezzo di aes rude rinvenuto ad Aricia.
  5. Vari pezzi consimili esistono nel Museo di Firenze. Cfr. anche l’aes rude di Cesena, Garrucci, tav. LXVIII, 1. Per altre provenienze, V. Garrucci, tav. VI.