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aes rude, signatum e grave, ecc. 91

dobbiamo ritenere esser il peso iniziale di ambidue questi quadrilateri piuttosto minore che superiore dell’ effettivo. Questi quadrilateri sono dunque dei quincussi di peso librale romano leggermente ridotto; ridotto precisamente sul piede dei più antichi assi librali Urbani da noi conosciuti1.

Il quadrilatero col bove della collezione Pembroke III, 119 (= Carelli, tav. XXXVH) mi desta forte sospetto tanto in considerazione del peso quanto per il carattere stilistico (cfr., almeno nei disegni, la trattazione affatto moderna del pelo). Per il peso (gr 1790,15) andrebbe insieme niente di meno che con la la emissione dei quadrilateri col tripode (p. 52) o con la la col gladio (p. 53); mentre, per la tecnica e lo stile, esso si associa invece al quadrilatero simile di Parigi. Io non credo ciò possibile; per me il quadrilatero Pembroke piuttosto non è autentico e deriva da quello di Parigi. Con ciò non escludo la possibilità che si vengano a scoprire magari l’aes antiquissimus di questo tipo menzionato da Varrone (R. R.j II, 1), riferibile ai Decemviri come il n. 2; ma la tecnica e lo stile dovranno esser di quel tempo.

La tecnica del nostro esemplare n. 6 e di quello di Parigi, non dubbi, è identica, simile a quella dei quadrilateri col Pegaso, con l’elefante e coi polli; ma alcunché più sviluppata e perfezionata, come si vede benissimo anche dalle bave più nitide e perfettamente profilate. — Simile è pure lo stile e la fine maniera greca con cui è espresso il toro, corrispondente altresì con la maniera con cui sono ritratti l’elefante ed il sus dei quadrilateri succitati.

Il peso pertanto, la tecnica e lo stile vanno per-

  1. V. lo specchio dei pesi presso d’Ailly, Recherches I, p. 56 segg. e presso Samwer-Bahrfeldt, Gesch. d. alt röm. Münzwesen, p. 46 e p. 69 segg.