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76 tarquinio gentili di rovellone

diverso da quello che Ottone aveva prescritto pei suoi stati.

È facile comprendere la mancanza nella moneta della parola Roma una volta che la coniazione avveniva fuori di quella città, e del suo ducato, come allora si diceva. Era il rovescio, d’altronde, che spiegava senza ombra di dubbio, trattarsi del papa di Roma. E può pure spiegarsi il difetto della crocetta se, come è possibile, non debba attribuirsi a dimenticanza dello zecchiere. Si osservi che la moneta riproduce, può dirsi, la firma del sovrano che la fa battere, e il costume era appunto, che alla firma precedesse sempre la crocetta: non è più il caso, quando il nome è scritto da altri, e per di più in dativo.

A confermare che la moneta sia stata battuta per ordine di Ottone, sta pur questo, che pare possa accertarsi essere uscita dalla zecca di Pavia. Ferma sempre la diversità del tipo dalle pavesi del tempo di Ottone I, esistono non di meno varii segni e caratteri di ravvicinamento e di confronto. Vi è prima di tutto la rozzezza del conio, e il suo forte rilievo, tutto adattato però alle monete più antiche di Lotario I. Corrisponde a queste il diametro e forse anche il peso, l’uno e l’altro analogo alla legge monetaria detta di Carlomagno, già adottata, benchè in fatto non sempre osservata, nella zecca dei papi. Ottone però aveva cambiato pei suoi stati la legge monetaria di Carlomagno1, e per ciò, forse, il nuovo tipo da battersi col nome di Leone, affatto difforme

  1. Brambilla, Monete di Pavia, pag. 179 e nota.