Pagina:Rivista italiana di numismatica 1890.djvu/74


le monete dei pontefici romani, ecc. 71

una ragione che l’abbia fatta pensatamente sopprimere: forse la cosa avvenne casualmente, e di ciò sì tornerà a parlare nella illustrazione della terza moneta di Leone. Il fatto della mancanza, comunque avvenuto, può bene dar sospetto che le due monete non siano state coniate per ordine del Papa. Se tutti i principi cristiani ammettevano nelle loro monete quel segno: se questo non era mai mancato nella monetazione pontificia antecedente, non è certo presumibile, che ne consentisse la soppressione, in due coni diversi, Leone VIII, riconosciuto come buono e pio da quelli stessi che lo annoverano fra gli antipapi.

Le due monete presentano tutto intero il dritto occupato dalla leggenda in tre righe orizzontali, esempio unico nelle antiquiori dopo la regolare monetazione incominciata da papa Adriano I (a. 772-795) a seguito della donazione rinnovata, o confermata da Carlo Magno nell’anno 774. E questa nuova, eccezionalissima variante, innalza a grave indizio lo accennato sospetto, che la coniazione non sia stata fatta per ordine del Papa. Non si saprebbe davvero trovare ragione per la quale questi volesse cambiare così radicalmente la forma adottata da tutti i suoi antecessori.

E il grave indizio trova nuova conferma in altra omissione, certo non comune in quei tempi. Nelle due monete non si trova segnato il nome di Roma. Eppure Leone VIII, cacciato di là, quasi appena eletto, e dichiarato anzi intruso nel pontificato, aveva tutto l’interesse di affermar solennemente al ritorno la sua potestà sovrana colla coniazione della moneta, e per via di questa, la sua presenza in Roma, il suo insediamento nella Cattedra di S. Pietro.