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406 emilio tagliabue

sede il Tribunale Criminale, i locali della tortura e tutti gli uffici del vicariato di Roveredo1; i sotterranei servirono da prigione2, ma malgrado la mutata destinazione, la casa continuò a chiamarsi la zecca. E zecca si chiama ancora oggigiorno, come al tempo in cui «Domino Azino da Lecco» comperava legname per conto del «prestantissimo Conte Jo. Jacobo Trivultio».

Entrando in Roveredo sulla sponda diritta della Moësa, per chi ascende la valle, al di là del ponte che attraversa il fiume, spicca fra tozze costruzioni l’antica zecca Mesolcinese, attualmente sede del Tribunale del Distretto Moësa e degli uffici del Circolo di Roveredo. Le finestre di varie forme e grandezze, disposte irregolarmente e difese da grosse inferriate a maglia intrecciata; la porta bassa ad arco intero, foderata d’arruginita lamiera3; la torre dell’orologio; le travature rozzamente scolpite, caratterizzano l’edificio che Gian Giacomo Trivulzio fabbricò e destinò ad uso della zecca.

A tramontana, sull’altra sponda del fiume, un’antica costruzione specchia le nere muraglie nelle limpide acque della Moësa.


  1. In varie cellette si vedono ancora infissi nei muri i grossi anelli di ferro ai quali si attaccavano i prigioni.
  2. In molti processi della prima metà del secolo XVII contro indiziati di stregheria da noi veduti in Valle, si parla sempre della casa della zecca «in domo zoche in loco solito» come luogo ove si radunava il tribunale Criminale, si inquisivano gli imputati, si tenevano i prigioni. Alcuni di quegli infelici, vittima dell’ignoranza dei tempi, vennero giustiziati nelle carceri, altri vi perirono di spavento e per gli strazii della tortura «et eius cadaver sepultum fuit sub. Zecha».
  3. Questi particolari corrispondono all’inventario del 1546. L’interno della casa ancor meglio conserva il carattere antico; le prigioni sono piccole e oscure celle, due piani sotto il suolo.