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384 emilio tagliabue

egli più che storico è ingenuo cronista, lo citiamo perchè fedele narratore delle tradizioni vallerane.

In un inventario del Castello di Mesocco da noi pubblicato1, i Castellani Andrea Brocco e Battista da Musso ci danno l’elenco delle armi e munizioni esistenti nella rocca loro affidata. E per farlo i Castellani visitano minutamente ogni parte, ogni locale del castello dicendone Tuso e chi vi abitava e chi vi aveva abitato; montano sulle torri, scendono nei sotterranei, frugan nei cassoni, entrano nella chiesa ove sono “li fornimenti da vestir lo preito”, pesano i “piumaxi et coxini” e i sacchi di zolfo, contano i barili di polvere e “le cadene del fogo”, misurano il vino nelle botti, annasan la “carna de bò che nol val niente”, notano le otto grosse bombarde e “el fero de far el solazo de li canali,” la corazzina di velluto celeste del Signore e il “camixal da homo trista.” Eppure, non la più lontana allusione ad attrezzi di zecca, a locali ove si battessero monete o alloggiassero zecchieri.

Dunque nel 1503 la zecca non era nel castello, ne certo poteva essere nelle vicinanze che compone van la terra di Mesocco, poveri ed indifesi casolari, sparsi sulle due sponde del fiume Moësa2 mezz’ora

  1. Emilio Tagliabue, Il Castello di Mesocco secondo un inventario del 1503. In «Bollettino Storico della Sv. It.». Bellinzona, 1889, Fascicolo 11-12, pag. 233-252, con 1 Tavola.
  2. Liebenau, I Sax Signori e Conti di Mesocco. In «Boll. Stor.». Anno 1889, pag. 182, parla della povertà di Mesocco.
           I Cronisti del XVI secolo descrivono Mesocco come un paese povero i cui abitanti si guadagnavano il pane intessendo panieri; Zeinenmacher, dicono Giovanni Stumpf ed Egidio Tschudi e tali ancora nel XVIII secolo si chiamavano a Lucerna i Calanchini.
           Nella Relazione di Vital Cattaneo (Vedi nota 45) si danno a Mesocco nel 1622 140 fuochi, a Roveredo 300.