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è davvero esistita la zecca di mesocco ? 383

lì sigg. grixonj a la dita guerra de medeghino (di G. G. Medici) quali artiglierie ballote fomimentj sono del prefato sig. marchese et conte ut supra exportati fora del castelo de Musoco et reposti in dita terra de Musoco per la Rujna del Castello.“ Grande non doveva essere questa ruina, se un secolo dopo Gian Giacomo Teodoro Trivulzio, scrivendo all’Albornez, descriveva Mesocco “fortezza adesso rovinata non è però smantellata che in brevissimo tempo e con pochissima spesa risarcendosi non si rendesse di nuovo inespugnabile”1.

Ma veniamo a prove più positive e concludenti. Nella Mesolcina la tradizione non rammenta una zecca di Mesocco. L’à-Marca nel suo compendio a pag. 99 scrive: “Il sopracitato Giacomo Trivulzio, il quale aveva ottenuto il privilegio di far coniare moneta d’oro e d’argento, fece a tal fine già nel primo anno in cui si stabili nella Mesolcina costruire una piccola zecca a Roveredo2. Invero

  1. Archivio Trivulzio. Araldica 13. Relazione presentata al Cardinale Albornez nel 1635 sulle condizioni della Mesolcina e pretese che su quelle valli aveva Casa Trivulzio. Notizie assai incomplete e in molti punti inesatte, copiate d’altre fornite nel 1622 da Vital Cattaneo a Gian Giacomo Teodoro Trivulzio; la relazione del Cattaneo è l’unico documento da noi veduto che accenni ad una zecca di Mesocco «ove è un castello altre volte fortissimo et signoreggia tuta la Valle e in la casa de la zecca vi sono ancora duoi canoni di bronzo da batteria con l’arma Trivultia». Evidentemente il Cattaneo confonde la zecca di Roveredo con Mesocco, i cannoni poi non eran nel castello ma nella terra, come dice il Cotura, ove restarono nella casa del comune sino al principio di questo secolo.
  2. Erroneamente l’à-Marca attribuì a Gian Giacomo Trivulzio la costruzione del palazzo di Roveredo nell’aggiunta alla pag. 99, linea 18, posta a fine del suo Compendio, «Nell’istesso tempo (dell’erezione della zecca) detto Trivulzio fece fabbricare principalmente per dimora del suo Luogotenente un bel palazzo pure in Roveredo che diroccato ora si vede dirimpetto alla zecca ma sull’altra sponda della Möesa». Come abbiamo veduto, il palazzo esisteva già ai tempi dei Conti di Sacco.