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a proposito di una moneta di rubi 367

esemplari di questa moneta che si conservano nel Museo Jatta (Catal. st. v. p. 1015, n. 1787-88) il globetto dopo πρ e più grande e potrebbe esser considerato come un piccolo o, mentre il secondo è chiaramente un punto di distinzione; nell’altro invece il primo globetto non differisce affatto dal secondo, come nella moneta del British Museum (cat. n. 11) ingiustamente corretta dal Friedlaender. Deve anche tenersi presente che l’ultima lettera non ha nulla che fare colle antecedenti; talora è ε, talora κ (Mus. Jatta, Catal. p, 1015 n. 1788).

Ammettendo la congettura del Friedlaender, che le epigrafi di questa moneta sieno da considerarsi per messapiche, due ipotesi si possono fare: o supporre che la moneta sia stata emessa dai Greci con leggende messapiche, o che sia stata, coniata addirittura da Messapii. La prima ipotesi non sembra in nessun modo sostenibile, perchè oltre a non essere affatto ragionevole e naturale, non trova nello stesso tempo confronto alcuno nella monetazione della stessa contrada.

Per me pare molto evidente che, ammettendo la messapicità delle epigrafi, bisogna necessariamente ritenere che la moneta sia di emissione messapica.

Greci, come quelli che abitavano le colonie dell’Apulia e che la monetazione stessa dimostra essere stati molto intimamente legati per rapporti di origine, di natura e di condizioni politiche a quelli di Taranto, non potevano consentire che i magistrati monetali scrivessero i loro nomi su le monete in una forma che non fosse pienamente greca. I fatti confermano questo: i monumenti numismatici chiaramente dimostrano che furono i popoli del luogo che adatta