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352 francesco gnecchi

all’uno né all’altro di quegli imperatori, ciascuno di essi non essendo arrivato, oltre la quarta. Mi avvidi quindi che l’attribuzione a Treboniano Gallo e Valeriane era erronea, come parimenti erronea era l’altra ai due Filippi padre e figlio, che alcuno voleva sostenere. Se vi si accordava la TRIB POT V relativa a Filippo Padre, e che segna l’anno 248, in cui cadeva la celebrazione dei giuochi secolari, nella quale occasione si coniarono abbondantemente monete e medaglioni colle teste della imperante famiglia in più modi combinate, sorgeva la difficoltà del COS IIII, sapendosi che Filippo padre non andò oltre il III Consolato; e poi c’era sempre la questione dei ritratti.

Non rimane dunque quale giusta attribuzione che quella a Gallieno e Valeriano, a cui mi sono definitivamente attenuto, e contro la quale non urta più né la storia, né la iconografia.

Difficile riuscirebbe determinare quale dei due imperatori sia rappresentato al rovescio, poiché la leggenda si adatta tanto all’uno che all’altro e segna la data del 257 d. C, nel quale anno sia Valeriano che Gallieno erano alla V podestà tribunizia e al IV Consolato. Potrebbe darsi che si fosse inteso rappresentare l’imperatore in astratto; e del resto il rovescio ha dei riscontri in altre monete tanto di Valeriano che di Gallieno.

Certo, a caso vergine, non ci sarebbe stato tanto da studiare per trovare la giusta attribuzione di questo bronzo, ma la prevenzione, che si era formata in seguito a un primo giudizio falso, mi aveva tenuto per qualche tempo fuori di strada. Tanto è vero che l’errore è sempre peggiore dell’ignoranza.