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è affatto naturale, poiché a Vaballato, prima di quell’epoca, non era stato conferito il titolo d’Augusto, e soltanto la ribellione avrebbe potuto indurlo ad assumere tal titolo da sé.

Ma la prolungata inoperosità della zecca d’Antiochia ci fa supporre qualche avvenimento, in forza del quale si sia dovuto sospendere la coniazione delle monete imperiali.

Diversamente, col breve spazio di circa un semestre (poiché già nella seconda metà del 271, Vaballato fu preso prigioniero), mal si potrebbe spiegare come gli sia stato possibile, trovandosi egli, ora in fuga, ora in lotta coi Romani1, di coniare monete, e neppure, — dato che egli, come opina il sig. Rohde, si sia servito della zecca di Tripoli, — come egli, in tempi così burrascosi, abbia potuto trovar agio di riattivare questa zecca, la quale certamente era rimasta da molto tempo inoperosa, di far eseguire i conii per il diritto ed il rovescio delle monete, e finalmente di farle coniare; coll’avvertenza, anzi, di apporvi la segnatura, che evidentemente non serviva fuorché al controllo, e, come si rileva dalla moneta iovi statori segnata con un ϛ, accenna a non meno di sei officine.

Tutte queste considerazioni mi inducono a concludere che Vaballato, sin dagli ultimi tempi del regno di Claudio, sapendo che l’esercito romano era impegnato nell’inseguire le orde sbaragliate dei Goti, o forse in seguito ad una falsa notizia, debba aver usurpato il titolo d’Augusto, ed abbia coniato ad Antiochia monete in nome proprio.

Ma in tal caso, i suoi antoniniani non furono coniati soltanto dopo la sua ribellione nell’anno 271, ma già durante il regno di Quintillo, e la coniazione di essi continuò per qualche tempo anche sotto lo stesso Aureliano, ciò che spiega anche la mancanza delle monete di Antiochia del primo periodo di quest’imperatore.

Ammettendo questa conclusione, bisognerebbe presupporre, come ho detto dapprincipio, che Zenobia e Vaballato si fossero già ribellati sin dal tempo di Claudio.

Se ora consideriamo che Aureliano, subito dopo la sua as-

  1. Battaglie di Dafne ed Emesa.