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nando de’ Medici, credette miglior partito non presentarsi a Roma, giudicando inopportuno lo scolparsi di un delitto che non aveva commesso: e per questo dopo due anni la Curia romana pronunziò sentenza con cui lo si dichiarava reo di aver fatto battere e spendere monete false e lo si condannava alla multa di diecimila ducati d’oro, non pagando i quali sarebbe incorso nella scomunica maggiore, che portava la confisca dei beni, la decadenza da ogni feudo e ufficio sì ecclesiastico che laico, mentre i sudditi venivano sciolti dal giuramento di fedeltà verso di lui.

E forse a questo rigore del pontefice verso il Malaspina non fu estranea la deposizione dello zecchiere Claudio Anglese che domandò a Roma un salvacondotto per venire a far da testimonio nel processo intentato contro il suo signore; nel memoriale diretto al governatore di Roma e pubblicato dal sig. Bertolotti1, il francese cercava di gettare tutta la colpa sul marchese, protestando di aver commesso il delitto solo per ordine di lui.

Com’era naturale Francesco Guglielmo non pensò punto a pagare l’esorbitante multa, sì perchè non lo poteva materialmente, sì anche perchè credeva con diritto che la Curia romana fosse in questo caso incompetente a giudicarlo, dipendendo i feudatari imperiali dal solo imperatore. Per questo di li a non molto fu colpito dalla scomunica maggiore; i terrazzani di Tresana, indettati forse dal governatore spagnolo di Pontremoli, gli si ribellarono, ed egli dovette riparare alla corte di Modena dove era stato ambasciatore pel granduca di Toscana sino al 1602. Qui cominciò a cercar di reagire contro la sentenza in-

  1. Bertolotti. Artisti francesi in Roma nei secoli XV, XVI e XVII, pag. 57.