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nazione, pure una sola moneta se ne conosce, attinente alla prima dinastia e nessuna dell’altra. Il secondo Galeazzo Visconti, che ne fu signore nel 1355, si è quel principe che ci fornisce un pezzo rarissimo in argento, custodito in Brera, da dove l’estrasse il cav. Litta per renderlo di pubblica ragione. Se non che lo attribuì esso al primo Galeazzo, che conseguì il dominio di Piacenza nel 1313 per il primo di sua casa, del quale abbaglio saranno date ampie prove a competente posto1.

Chi fosse del resto desideroso di penetrare nella storia di quest’officina, consulti il Locati ed il Poggiali; leggerà nell’uno, in lingua volgare, il diploma del re Corrado II del 1140, che conferma la facoltà di monetare, concessa già dagli imperatori Enrico IV e V2.

Nel secondo poi dei detti scrittori3, due tavole bastantemente bene incise gli offriranno in bell’ordine tutte le monete battute nel corso de’ bassi tempi, sino al risorgimento totale delle scienze, delle lettere e delle arti. Le più antiche hanno principio dal re Corrado suddetto, nessun impronto scoperto essendosi

  1. Il Conte Bernardo Pallastrelli in un suo interessante articolo, pubblicato nel 1874 sul Periodico di numismatica e sfragistica di Firenze (Volume VI, pag. 230-259), ragiona a lungo di questa moneta, mettendo a confronto l’opinione di due scrittori, il Litta e il Mulazzani, il primo dei quali attribuisce questa moneta a Galeazzo I, mentre l’altro l’attribuisce a Galeazzo II. Dopo molti e forti argomenti d’ordine storico, economico e paleografico, l’autore accoglie l’opinione del Litta e dà la moneta a Galeazzo I, attribuizione che ora è generalmente accettata. Gli studiosi, che si interessano a questa quistione, faranno bene a leggere questo importante studio del Pallastrelli; tanto più che l’autore, essendo stato amico del Conte Mulazzani, potè avere in mano quella parte de’ suoi scritti, dove si tratta della moneta di Piacenza, e ne pubblica un lungo brano.

    (F. ed E. G.)

  2. Cronaca di Piacenza, pag. 380.
  3. Memorie storiche di Piacenza, vol. IV, pag. 172.