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LA ZECCA DI TRESANA




Un bizzarro ingegno del cinquecento, Tomaso Porcacchi, scrivendo la storia della famiglia Malaspina1, fu il primo a parlare del diritto di zecca concesso a questa nobile stirpe: sembra però che le asserzioni dell’enciclopedico toscano non fossero appoggiate che a qualche tradizione, se pure non furono inventate di pianta da lui stesso, perchè egli nel suo libro fa risalire la data della concessione ad Ottone II imperatore che restituì ad Obizzo Malaspina lo stato con tutti gli antichi privilegi e con autorità di battere moneta. Dimostrare l’insussistenza di quest’ultima frangia non è cosa difficile: a quell’epoca l’importantissimo diritto della moneta era riserbato a poche città d’Italia, e nessuna famiglia, per quanto nobile e potente, lo godette mai: inoltre in tutti i documenti di quel secolo ed anche nei posteriori, i signori Malaspina conteggiarono e fecero pagamenti solo a moneta lucchese o pavese o di altre città, mentre, se avessero avuto zecca propria, sarebbe stato per loro più proficuo e più naturale il far uso della loro moneta. Per ultimo mancano completamente le prove di fatto.

Tuttavia se i signori Malaspina non ebbero diritto di zecca nel medio evo, era naturale che al pari di tante altre nobili famiglie italiane lo ottenessero nel

  1. Porcacchi. Historia dell’origine et successione dell’illustrissima famiglia Malaspina, Verona, 1585.