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388 | giuseppe castellani |
diverse zecche si credeva di aver trovato uno specifico miracoloso per rimediare alla mancanza di numerario e con esse si sperava di porre un argine alle cedole che inondavano le casse pubbliche. Infatti in molte lettere scritte all’Agente del Comune in Roma abate Francesco Cancellieri, si parla della urgenza di cambiare le cedole che il Comune aveva avuto in pagamento delle spese sostenute per le truppe pontificie, e finalmente si riporta dal Tesoriere Generale la promessa che il cambio sarà eseguito, almeno in parte, colla moneta che verrà prodotta dalla nuova zecca. Ma, aperta la zecca, le cedole non vengono cambiate, e il Comune li 15 ottobre 1797, così scriveva al Cancellieri:
“In altre di Lei lettere ci assicurò di avere Mons. Tesoriere dato ordine al sig. Morici intraprendente qui la zecca per il cambio alla prima di Sc. 300: almeno di quella maggior somma ritirata in tante cedole per il rimborso delle spese alla truppa pontificia per poi far lo stesso successivamente del residuo. Al momento della di lui venuta in q.ta città ne fu da noi interpellato e com’egli si dimostrò propenso alla prima in seguito si lasciò uscir di bocca non averne ricevuto l’indicato ordine ma che ove gli pervenisse si sarebbe prestato. Sono già seguite due estrazioni di moneta in più centinara di scudi e si rimane nelle stesso desiderio di prima e con le cedole in cassa senza speranza d’esitarle.”
E anche questa volta il desiderio restò inascoltato, tanto che un mese dopo, il 16 novembre 1797, c’è una lettera in cui malinconicamente si dice:
“Già prevedevamo che per parte ancora di questa zecca fosse andato a vuoto il cambio dei Sc. 300 promessi da