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compendio storico di quindici zecche italiane | 351 |
trambe. Proseguì uno stampo tale, benchè variato nel suo aspetto, da scodellato in piano, nel secolo dopo, testificandolo le due stellette appostevi in segno di un concordato di sette città d’Italia, fra cui Cremona, avvenuto nel 1254, per battere moneta uniforme.
Ma inoltrando il secolo predetto, gareggiò bravamente Cremona, abbandonate le grettezze del concordato, colle altre libere città d’Italia nell’arringo monetario, aperto ovunque dalla sapienza di quei nostri progenitori per li magnifici grossi, a superlativa bontà di 0,954, che fabbricò, cred’io, da prima coll’impronto del suo datore, e proseguì per il restante evo repubblicano a dar fuori, parte col nome dell’imperatore Federico, e parte con indipendenti marche municipali ad esempio delle sue sorelle1. Ma, caduta sul principio del 1300 in podestà, come tante città finitime, dei Visconti, lo splendore della Zecca fu ecclissato. Il solo Azone, dei principi di quella casa, è certo che l’abbia tenuta aperta fra il 1330 e il 1339, ma con poco onore, non avendovi fatto lavorare che tre conii d’ignobile biglione, cioè denari, duodecima parte del soldo2, ad impasto però legittimo di 0,160, corrispondente, vale a dire, in argento, a motivo del loro peso, ad esatto quoto dei grossi che si stampavano a Milano. Dubbio però mi resta che sia stata adoperata per un istante negli ultimi anni di quel secolo, per ragione d’una mia monetina erosa inedita, che in lettere decisamente contraffatte porta in mezzo il nome di Giovanni Galeazzo: I. G. coronato, e l’intitolazione