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348 | giovanni mulazzani |
argento che le distingue; proprietà monetarie che si riscontrano nella prima metà avanzata del 1200, e non per l’avanti. A quelle monete una ne aggiungerò inedita di basso biglione, portante seco quella tal sorta di scrittura, che contrassegna gli anni in cui siamo.
Al secolo pure XIII, ma inoltrato dopo la metà, quando successa la morte di Federico e vacando l’impero, le città d’Italia si emanciparono, omettendone il nome nei nuovi impronti che fecero; od anche al principio del secolo XIV, in tempo però sempre di libertà, vale a dire, fino alla calata di Enrico VII, (1311) assegno, senza esitare, il nummo argenteo della grandezza e del valore di un paolo romano, corrispondente a centesimi 53 e sette decimi italiani, accennato da Bellati, senza nome di principe, coll’immagine di S. Abondio Patrono di Como: S. Abundius, e Croce nel rovescio circondata dalla barbara, o se non altro male appropriata parola, Cumanus, invece di Comensis. Con sicurezza egualmente pongo successa la comparsa in Italia del citato monarca, per un bellissimo grosso inedito, da me veduto in mano di un gentiluomo inglese venuto alcuni anni fa a visitare il mio museo, il qual grosso, composto di buon argento, sul gusto dei nostri grandi ambrosini coevi, porta il nome di Enrico re, e S. Abondio in cattedra nell’altro campo. Ventiquattresima parte di un tal grosso io conservo in una elegante monetina erosa ornata d’aquiletta e del nome di quel monarca diventato imperatore (1312). Con lode proseguì Como in quella età, al pari delle altre città d’Italia, la battitura dei nummi, testimoniandolo un grosso a 0,920, d’interessante tipo, che non abbisogna di molto commento, coniato in onore di Lodovico il Bavaro imperatore, da Franchino Rusca, signore di quella città nel 1327,