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246 federico kenner

venivano fusi prima, e più precisamente in forme concave, talché riuscivano lenticolari, riproducendo in piccolo l’aspetto dell’antichissimo aes grave italico. Le forme per la fusione consistevano di due lastre, nelle quali erano praticati in fila gl’incavi rotondi che corrispondevano per diametro e spessore ai tondini che si volevano ottenere. Le due lastre venivano unite strettamente, poi vi si versava per un apposito pertugio il metallo liquido, che per mezzo di canaletti scorreva da un incavo all’altro e li riempiva. Indi si aprivano le forme, ed i tondini venivano staccati e coniati mentre erano ancor caldi.

Ora poteva benissimo accadere che il metallo, se non era perfettamente liquido o se era alquanto raffreddato, non riempisse completamente gl’incavi più lontani. Allora alcuni tondini riuscivano di peso minore, e se non venivano scartati prima della coniazione, si avevano monete di peso inferiore al normale. Gli ammanchi si spiegano adunque benissimo per il metodo della fusione dei tondini.

Invece questo metodo non poteva dar luogo a notevoli eccedenze di peso, perchè negli incavi non ci poteva entrare più metallo di quello che potessero contenere. Gl’incavi si facevano probabilmente con qualche mezzo meccanico, per ottenere una maggiore uniformità; diversamente non si saprebbe spiegare l’eguaglianza generalmente quasi perfetta delle monete d’oro, e, nei buoni tempi, anche di quelle d’argento, e non v'è alcun motivo perchè non si seguisse lo stesso metodo anche per le monete di bronzo. Ad ogni modo, dagl’incavi non possono derivare oscillazioni notevoli; per quanto mi risulta si può ammettere al più, per ogni singolo pezzo, un limite di due o tre grammi al disopra del suo peso effettivo.

Gl’incavi dovevano corrispondere, come si è notato, per profondità e diametro allo spessore ed alla grandezza del tondino; quanto alla profondità, bisognava anche tener calcolo della variazione di volume, che il tondino fuso doveva subire in conseguenza della compressione del metallo nella coniazione. Mantenendo invariato il diametro, non si potevano ottenere monete più pesanti fuorché facendo più grosso