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alcuni, — dello stesso Carlo Magno, tale congettura, anzichè apparire destituta di fondamento, rinviene un valido appoggio in molte e molte monete medioevali de’ nostri Vescovi, de’ nostri Comuni; ma in qualsivoglia guisa possa venire essa risolta dai più addottrinati, constatiamo, innanzi tutto, come il numismatico ed archeologo Barthélemy che, francese di nascita e membro della Società degli Antiquari di Parigi, dovrebbe pure saperne qualche cosa sulla storia metallica dei Carolingi, suoi connazionali, si mostri assai più esplicito in alcune particolarità meglio rispondenti al nostro assunto colle seguenti testuali dichiarazioni.

Le zecche, egli dice, stabilite dai Carolingi nel regno d’Italia e conosciute a mezzo delle monete sono sei, e le nomina, quelle di Milano, Pavia, Lucca, Treviso, Ravenna e Pisa. Non contiamo, prosegue egli, in questo numero Venezia; dappoichè pensiamo che, se quella repubblica introdusse il nome degli imperatori in alcune delle sue monete, non fece che comportarsi alla stessa maniera dei romani pontefici, i quali non intesero mai con simile atto di manifestare veruna specie di soggezione. Ripartendo poi, fra le officine delle memorate città italiane, le monete dei non pochi dominatori Carolingi, il medesimo autore attribuisce a Milano quelle di Carlomagno, Luigi I (Lodovico il Pio), Lotario I, Carlo II (Carlo il Calvo), Carlomanno, Arnolfo, Berengario, Guido, Luigi III, Ugo, Lotario II ed, escludendo dalle altre zecche italiane, notisi bene, le monete di Carlomanno, assegnate a quella soltanto di Milano, aggiudica alla zecca di Pavia altre monete carolingie di Luigi I, Lotario I, Carlo II, Arnolfo, Berengario, Rodolfo re di Borgogna1.

  1. Barthélemy. Op. cit.