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appunti di numismatica romana | 159 |
troversa, coincidenza che lo indusse anzi a mettere in dubbio l’autenticità stessa della moneta. E così il giudizio del sommo numismatico ci manca. Io non ho sottocchio che due esemplari, quello della collezione Trivulzio e il mio, ambedue se non a fior di conio pure in buonissimo stato di conservazione. Di più posseggo rimpronta di un esemplare appartenente al Gabinetto imperiale di Vienna, certo acquistato posteriormente ad Eckhel, perchè esso pure di eccellente conservazione.
Ebbene in tutti e tre questi esemplari — vedasi il mio riprodotto al N. 2 della Tavola — le due lettere finali hanno decisamente la forma di e, ossia l’asta verticale è munita al basso di una lineetta orizzontale quasi egualmente visibile che quella di sopra. Se facciamo una ispezione di tutte le lettere equivalenti sulle monete contemporanee, troviamo che l’asta verticale delle f finisce sicuramente e francamente senza alcuna appendice a destra di chi la guarda, parallela e simile a quella superiore. Talvolta anzi la prima asta verticale di alcune lettere, p. es. delle m e delle n, ha un piccolissimo tratto a sinistra, ma a destra non se ne vedono mai; e a prova di ciò si osservino le f nell’aureo di M. Antonio e P. Clodio (Bab. Antonia N. 19) e di M. Antonio e Mussidio Longo (Baib. Antonia N. 24), nell’aureo della Munatia, nel denaro di Cajo Antonio e in quello di M. Antonio e Cleopatra. Degli e poi assai più numerosi se ne trovano parecchi in cui il tratto inferiore è di qualche cosa più breve del superiore, avvicinandosi così alle due lettere finali tanto discusse dell’Aureo in questione, i cui tratti inferiori vanno per così dire perdendosi in una sfumatura, come avviene del resto quantunque in grado minore anche dei tratti superiori.
Era dunque assai naturale che per questi motivi