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68 | giovanni mulazzani |
rativo di una moneta dei tempi trascorsi con quello dei successivi, che è lo stesso che dire, il valor suo reale, indispensabile si rende scoprire le proporzioni rispettive.
Domandar forse più d’uno potrà a quale oggetto io abbia messo in campo la discussione dei valori comparativi dopo degli assoluti, intorno i quali le leggi hanno provveduto, e di cui nessuno che abbia senno può contrastare la giustizia, l’utilità, l’evidenza.
In poche, ma mi lusingo chiare, stringenti parole, rispondo al quesito.
Se vero è, come è verissimo, siccome fu notato di sopra, che il valore dei metalli in niente altro consiste che nel pregio rispettivo, che gli uomini danno all’uno in paragone dell’altro, che dicemmo nominarsi proporzione, e se queste proporzioni da un tempo all’altro sono soggette a rilevanti variazioni da un tempo all’altro tanto in più che in meno, non si rende egli evidente, che a calcolare con norme di rigoroso gius una somma di denaro sia d’argento o di oro in qualunque modo obbligata ad un tempo e da prestarsi in altro, si deve guardare non alla sola quantità pura metallica originariamente costituita, ma che il ragguaglio deve farsi col dato che risulterà dalla proporzione allora vigente?
Se libbre 12 d’argento di Carlo Magno erano diventate 10 e 1/2 al tempo di Federico I, e se le istesse libbre 12 di Carlo Magno pareggiano lib. 14 e 1/2 dell’imperatrice Maria Teresa, chi non vede l’utile che ne deriverebbe al creditore nel primo caso, o il danno al debitore nel secondo, qualora di tutte queste diverse quantità non fosse tenuto il debito conto?
Il nobile scrittore in conseguenza, che mi ha preceduto, non conobbe il vero che per metà quando trattò del giro del denaro, e stabili per unico ele-