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studii economici sulle monete di milano 59


Tuttavolta, per non lasciar digiuno intieramente il mio lettore e per aprirgli l’ingegno nello studio in cui sta per entrare, gli farò sapere che dopo tre secoli, dalla fine cioè del X al cader del XII, da cui ha principio, come dicevo, il mio vero lavoro, il denaro di Carlo Magno dai puri grani 33,180 era già decaduto per l’abuso che ne fecero dapprima gli Ottoni e in seguito gli Enrici a meno di 1/3 vale a dire a 10 grani, solo di tal forza essendo un nummo argenteo di Federico I coniato fra noi del 1185, che per denaro si può sostenere e sosterrò al posto conveniente. E proseguendo soggiungerò che nel 1354 dubbio poi non avvi di sorta, che il denaro non fosse disceso si basso, che rinchiudesse in sé meno di 2 grani, esattamente gr. 1,830; che alla metà del 1500 per le continue sofferte diminuzioni era diventato tanto piccolo, che gli fu forza di sparire dal mondo numismatico, in cui aveva fatto da principio figura cotanto maestosa, per essere convertito in moneta immaginaria cioè di conto; che poco dopo la metà del 1600 subì l’eguale metamorfosi il soldo per resuscitar più tardi ai nostri giorni, privo d’onore, nel vile metallo; tanto che, per dir tutto in breve, la lira del grande imperatore, che cinse il suo capo del serto d’Occidente, nel corso di mille anni dai gr. 7963,200 d’argento, dei quali era grave presso di noi nella seconda metà del secolo Vili, verso la fine del XVII, regnando in Milano l’imperatrice


    bontà di 9jlO di fino, e riscontrato superiore l’altro d’assai. A superlativo grado oltre il 0,900 precisamente a 0,960 ho ravvisato eziandio il denaro, forse più raro di tutti, dell’imperatore Lamberto emulo per 6 anni, finché morte lo colse, nell’impero e regno italico del primo Berengario, moneta che per amore della scienza non ho dubitato di sacrificare. Dell’istessa forza, per quanto ho potuto discernere ad occhio, stimo il denaro di suo padre l’imperatore Guido giacente nel Museo di Brera.