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studii economici sulle monete di milano 57

decimale, che tutti conoscono, in forza del quale sparì il denaro, e sorse il centesimo per parte aliquota del soldo e della lira.

Dalla effettiva quantità di metallo contenuto nella moneta nasce ed è misurato il valore reale della medesima; siccome variabile per la volontà del Principe o della città o popolo che la fa coniare si è questa quantità, variabile in conseguenza n’è il vero valore. Il denaro di Carlo Magno coniato in Italia a Milano, a Pavia, a Treviso col tipo del monogramma che io prendo a testimonio, pesa fini grammi 33,180 a marco di Milano in regola di mischiati gr. 35 al titolo di 0,948 per quanto dimostreremo a suo luogo con tal pezzo alla mano, messi in disparte Le Blanc ed altri scrittori che ne parlarono qualche poco diversamente. Il soldo quindi constava di gr. 398,160 e la lira di gr. 7963,200. Ma coll’andar del tempo, per cagioni generalmente note, e che non sarebbe nel mio proposito di narrare, diminuito restò considerevolmente il peso dell’oro e dell’argento monetato oppure, anche fermo il peso, ne fu diminuita la sostanza coll’unione di parti eterogenee. Lungo, ed inutile sarebbe che io qui volessi dar conto dettagliato della decadenza cui soggiaque sotto questi due rapporti la moneta nel corso dei secoli che segna la raccolta nostra, poiché noi lo vedremo di mano in mano coi nostri monumenti lampanti dopo la loro descrizione e vedremo sorgere da quella causa i soldi effettivi e la lira istessa reale metallica in dimensioni infinitamente ognora più piccole in paragone dei tempi antecedenti, salva una sola eccezione accaduta ai nostri giorni colla lira di Napoleone. Non è poi a dire (che sarebbe cosa estranea al mio istituto), se io qui estendessi le mie ricerche oltre l’epoca che mi sono prefisso, e rappresentar volessi